sabato 1 dicembre 2012

Brasile Eco e Solidale: la biblioteca a portata di strada

Che paese, l’America. È dura abbattere il solido immaginario dell’immenso continente che offre opportunità a chi arriva e la libertà di riscatto e crescita per chi ci nasce. Sì, che paese il Sudamerica!
Perché in questo caso non stiamo parlando del classico sogno statunitense, anche se la storia di Robson Mendonça forse piacerebbe al neorieletto Obama. Il marchio di fabbrica del “si può fare” però va aggiornato:cancellate “made in U.S.” e scrivete Brasil. Più precisamente São Paulo, megalopoli da undici milioni di abitanti dove un signore di 61 anni, ex senzatetto, ha creato una biblioteca itinerante e ha in testa la realizzazione di una cooperativa artigianale.
A guardarlo bene Robson Mendonça lo conosciamo già. I folti baffi bianchi e la parlata sicura, decisa, fanno pensare a uno dei possidenti buoni di Zorro, quelli che, come Don Diego della Vega, trattavano da pari servitori e campesinos. Certo l’avranno riconosciuto anche i tanti passanti che, fino all’estate del 2011, l’hanno incrociato per le strade senza vederci nulla di eroico. Il senzatetto Mendonça però, dopo aver perso moglie, figli e la casa, non voleva rinunciare anche al piacere della lettura. Ma vai a sapere che è più facile elemosinare un centesimo che procurarsi un buon libro! In biblioteca, si sa, senza un recapito non si può accedere al prestito. «Mi mettevo a leggere lì, ma le persone appena mi sedevo si spostavano, perché non volevano stare accanto a un senzatetto», racconta Mendonça in un’intervista rilasciata a EcoDesenvolvimento. Dai qui è nata l’idea. Dal rifiuto del vicino di lettura e dall’incontro con “La fattoria degli animali”. Grazie alle pagine di Orwell Mendonça pensa di portare i libri a chi ha una casa nella strada e vive spostandosi da una zona all’altra della città. E la biblioteca itinerante non poteva che essere su due ruote. Rigorosamente eco, antitraffico e con un non so che di allegro e provocatorio allo stesso tempo. La bicibiblioteca. Il progetto non resta ignorato. «Un giorno per la strada passa un ragazzo con una bottiglia di rum in mano, vede la bicibiblioteca e mi dice “volevo prendermi una bottiglia di rum, ma ho visto te e
preferisco leggere” e si prende un libro». Se la biblioteca snobba il senzatetto, è il senzatetto che si prende labiblioteca portandosela in giro.
A distanza di un anno il progetto ha funzionato talmente bene che la bicibiblioteca non attrae più solo i sem-teto: il signor Mendonça ha già lanciato i bibliotaxi, per chi non può o non ha tempo di prelevare o restituire i libri, e fra poco saranno coinvolte anche le linee metropolitane. Nel frattempo lui, Robson, sta diventando il simbolo del progresso stesso (guardare per credere, http://biciclotecas.wordpress.com.). Il signore dai baffi bianchi con la voce da capo popolo ha lanciato una campagna di connessione wi-fi gratuita aperta a tutti e un piano di alfabetizzazione digitale, collezionando premi e foto ricordo con passanti, bambini e manager che si affrettano a dare un’etica green alle loro aziende. Tutto ciò infatti sarebbe stato impossibile se Mendonça non avesse avuto accanto a sé enti pubblici, associazioni e finanziatori privati – tra cui anche banche e aziende di prodotti per la casa. Perché se la strada è di tutti, non lo sono solo asfalto e lampioni ma anche i problemi di quelli che, per scelta o per caso, ci vivono. In fondo il succo del pan-american dream sta
tutto qui, nella forza di essere una comunità, parola che non sempre è sinonimo di città, così come biblioteca non lo è necessariamente di cultura. Perché la cultura non deve essere una conquista da raggiungere, ma uno strumento accessibile. Magari su due ruote.

Giulia

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